IL PRETORE
    Sciogliendo  la  riserva  adottata  nell'udienza  23  maggio 1995,
 pronuncia la seguente ordinanza.
                                 FATTO
    Nella causa iscritta al n. 13600/1994 r.g., promossa da condominio
 via Volvinio 34 nei confronti di Manfredi Luigina  e  Mangone  Mario,
 avente  per oggetto un ricorso ex art. 669, dodicesimo comma, c.p.c.,
 all'udienza del 23 maggio 1995 (fissata - con ordinanza 9 maggio 1995
 - per consentire al  procuratore  della  ricorrente  di  chiarire  il
 fondamento normativo della sua richiesta di rinvio), si e' verificata
 la seguente situazione:
      la  dott. proc. A. Mameli (difensore del condominio ricorrente),
 avendo dichiarato alla precedente udienza di aderire alla  agitazione
 forense  in corso, e avendo espressamente termine per approfondire la
 questione,  dichiarava  di  ritenere  inapplicabile,  alla   presente
 fattispecie,  e  segnatamente  alla presente causa, i limiti previsti
 dalla legge n.  146/1990  per  lo  sciopero  in  materia  di  servizi
 pubblici;
      l'avv.  Correale, difensore dei resistenti, dopo aver dichiarato
 di astenersi dall'udienza al pari del procuratore del ricorrente, per
 adesione all'agitazione proclamata dal CNF, dichiarava di rimettersi.
    Il pretore  deve  ora  decidere  se  provvedere  senz'altro  sulle
 istanze  gia' svolte dalle parti, oppure se fissare altra udienza per
 consentire  alle  medesime  di  discutere  oralmente  le   rispettive
 posizioni   (tenendo  conto  comunque  che  le  parti  non  risultano
 presenti, nel fascicolo di ufficio, i fascicoli di parte, i quali non
 risultano mai  ritirati,  sicche'  sara'  la  cancelleria  a  doverli
 ricercare ed acquisire).
                                DIRITTO
    Il pretore prende atto che, secondo il procuratore del ricorrente,
 alla  protesta forense sarebbero inapplicabili i limiti fissati dalla
 legge n. 146/1990.
    Se cosi' e', pero', la menzionata legge deve ritenersi affetta  da
 illegittimita' costituzionale.
    Trattandosi  di  norma  avente,  per  le ragioni meglio illustrate
 appresso, immediata e diretta rilevanza ai fini della  decisione  del
 presente  subprocedimento,  ritiene  infatti  il pretore di non poter
 effettuare una  valutazione  meramente  incidentale,  come  in  altra
 ordinanza  di  remissione pronunciata da questo stesso giudice, della
 esistenza di  una  possibile  interpretazione  che  faccia  salva  la
 legittimita'   costituzionale   della   norma,   sicche'   si  reputa
 inevitabile devolvere tale sindacato al giudice delle leggi.
    Si noti, infatti, che il subprocedimento in cui e' stata  resa  la
 dichiarazione  di  astensione  di  tutti  i  procuratori  delle parti
 costituite,  e'  un  procedimento  ex   art.   669-duodecies   c.p.c.
 conseguente ad una ordinanza di accoglimento di una denunzia di nuova
 opera  ex  art. 1171 c.c. (proc. iscritto al n. 14321/1993, cui venne
 riunito il n. 15743/1993, deciso con provvedimento 28-29 giugno  1994
 dott. Matacchioni).
    Orbene, appare indiscutibile che abbia natura cautelare ed urgente
 il  procedimento principale (quello introdotto coi ricorsi 13 ottobre
 1993,  contro  Manfredi  e  10  novembre   1993,   contro   Mangano),
 disciplinato dagli artt. 688, 669-ter e ss.; 669-quaterdecies, c.p.c.
 Ma,    allora,   anche   il   subprocedimento,   regolato   dall'art.
 669-duodecies c.p.c.  concernente  cioe'  l'attuazione  delle  misure
 cautelari  (adottate  in forza dei precedenti artt. 669-ter e ss. del
 c.p.c.), non puo', per riflesso, non  possedere  la  medesima  natura
 cautelare ed urgente.
   Cio'  significa  che,  per  i  lavoratori  dipendenti coinvolti nel
 servizio pubblico essenziale dell'amministrazione della giustizia, la
 trattazione di  tale  (sub)  procedimento  rientra  di  certo  tra  i
 "provvedimenti  ..  cautelari  ed  urgenti"  menzionati  dall'art. 1,
 secondo  comma,  lett.  A  legge  n.  146/1990  tra  le   prestazioni
 indispensabili, delle quali la legge intende garantire l'effettivita'
 allo scopo di contemperare l'esercizio del diritto di sciopero con il
 godimento  dei  diritti  della  persona (art. 1, secondo comma, prima
 parte).
    Se, pero', l'effettivita' del diritto della persona, che la  norma
 indicata   vuole  tutelare,  risulta  minacciata  dalla  protesta  di
 lavoratori autonomi, della cui opera la parte  titolare  del  diritto
 protetto  non  puo'  non  servirsi,  risulta palese la illegittimita'
 costituzionale degli artt. 1, primo comma, prima  parte  e  lett.  A,
 nonche'  2,  terzo  comma,  legge  n. 146/1990 e 669-septies, octies,
 duodecies,  c.p.c.,  nella  parte  in  cui,  in  presenza  di  cotale
 astensione,  impediscono  al  giudice  di provvedere d'ufficio, sulla
 scorta degli elementi di valutazione gia' acquisiti, ponendosi  cosi'
 in contrasto cogli artt. 3 e 24 della Costituzione.
    Infatti,  la tutela dei diritti costituzionali della persona, che,
 come emerge dal titolo della  legge,  essa  intende  assicurare  tout
 court,  e  dunque non solo per il caso di protesta qualificabile come
 sciopero, e comunque non solo per il caso di  protesta  da  parte  di
 lavoratori  dipendenti  (l'uso  della  congiunzione  "e", nel ridetto
 titolo, appare illuminante al  riguardo),  ne  risulta  assolutamente
 monca   ed   inefficace,   e   dunque   frustrata  nella  sua  stessa
 realizzabilita',  giacche',  per  quanto  qui  interessa,  nei   casi
 dell'amministrazione  della  giustizia non si pone la questione delle
 perturbazioni  e  pregiudizi  che,  a  quegli  stessi  diritti  della
 persona, vengono concretamente arrecati da forme di protesta da parte
 di  soggetti  che  lavoratori  dipendenti  non  sono, e nondimeno con
 modalita' non meno devastanti e perniciose di quelle che un qualunque
 sciopero potrebbe pervenire ad assumere (col che, resta assorbita  la
 eventuale  obiezione  che,  invece,  la protesta in corso costituisca
 davvero una forma  di  sciopero,  dacche'  in  tal  caso  vi  sarebbe
 applicazione  diretta,  e non estensiva o analogica, della disciplina
 in esame). In proposito, non e' inutile richiamare le  considerazioni
 e  le  preoccupazioni  gia' espresse da codesta onorevole Corte nella
 sentenza n. 114/1994, laddove si paventa il verificarsi  in  concreto
 de  "la  paralisi  dell'esercizio della funzione giurisdizionale, con
 conseguente grave compromissione  di  fondamentali  principi  che  il
 costituente ha inteso affermare".
    In  quella  stessa  sentenza  (23-31  marzo 1994, n. 114), codesta
 onorevole Corte ha pure definito piu' volte come  "manifestazioni  di
 protesta",  "forme di protesta collettiva che, al pari dello sciopero
 sono in  grado  di  impedire  il  pieno  esercizio  di  funzioni  che
 assumono,   come   quella   giurisdizionale,   un   risalto  primario
 nell'ordinamento dello Stato" le astensioni dall'attivita' di udienza
 poste  in  essere dai difensori, univocamente quindi escludendo dalla
 nozione, per quanto ampia, di sciopero, la manifestazione di  cui  si
 tratta.  Cio' esimerebbe, quindi, dall'ulteriore argomentare circa la
 potenzialita' lesiva della protesta collettiva di cui si discetta. Ma
 forse non e' inutile sottolineare che la struttura normativa  che  si
 ricava  dalla  attuale  limitazione della legge n. 146/1990, ritenuta
 dal procuratore del ricorrente  affatto  inapplicabile  alla  propria
 protesta, risulta assolutamente paradossale. Paradossale, si dice, in
 quanto  tale non puo' non essere un diritto che, come quello invocato
 dal procuratore attoreo, siccome non riceve disciplina  espressa  ne'
 dalla  Carta fondamentale ne' dalla legge ordinaria, viene di fatto a
 beneficiare di una posizione  sovraordinata  ad  ogni  altro  diritto
 tipizzato,  giacche',  proprio  per  l'essere,  questo ultimo tipo di
 diritto, tutelato espressamente, lo e' entro precisi  limiti,  e  con
 specifiche  modalita', di talche' soccombe inevitabilmente rispetto a
 un  diritto   che,   come   il   primo,   e'   invece   assolutamente
 incontrollabile e illimitato.
    La  legge n. 146/1990, nelle parti sopra precisate, risulta dunque
 lesiva dell'art. 3 della Costituzione giacche' essa esclude che,  per
 gli  stessi servizi essenziali e procedimenti cautelari ai quali essa
 si deve applicare  direttamente,  valgano,  per  lavoratori  autonomi
 (professionisti    intellettuali),   necessariamente   e   legalmente
 coinvolti nella erogazione del servizio, le modalita'  e  limitazioni
 da essa stessa stabilite per i lavoratori subordinati.
    E   la   stessa   legge  risulta  violare  pure  l'art.  24  della
 Costituzione in quanto consente di escludere la  difesa  delle  parti
 anche  per  cio'  che attiene i diritti costituzionali della persona,
 relativi all'adozione di provvedimenti cautelari  ed  urgenti,  dalla
 medesima  legge  ritenuti meritevoli di tutela, ma evidentemente solo
 in caso che a minacciarli sia la condotta di lavoratori dipendenti.
    Tale esclusione, invero, impone di  ritenere  la  legge  in  esame
 affetta  da  inaccettabile irragionevolezza, intollerabile incoerenza
 coll'ordinamento, incongruenza coi propri dichiarati fini, non sanata
 e  priva  di  giustificazione  (Corte  cost.  sentenze  nn.  10/1980,
 204/1982; 193/1973, 1331/1979, 80/1966, 67/1960, 121/1961).
    Appare  infatti  innegabile che i limiti, posti soltanto ad alcune
 delle possibili fonti di pregiudizio  per  i  diritti  che  la  legge
 intende salvaguardare in quanto tali (e non a seconda della fonte del
 pericolo alla loro realizzazione), risultano affatto vani rispetto al
 dichiarato  scopo,  potendo agevolmente, quegli stessi diritti, venir
 lesi o comunque pregiudicati dalla condotta di altri  soggetti,  pure
 chiamati ad esplicare funzioni necessarie nel servizio esaminato.
    Analoghe  considerazioni  debbono esser svolte in riferimento agli
 artt. 669 XII, VII e VIII c.p.c., nella parte in cui, in  ipotesi  di
 astensione da parte dei difensori, escludono che il giudice investito
 del  procedimento cautelare ed urgente possa comunque provvedere allo
 stato degli atti.
    La questione della illegittimita' costituzionale  degli  artt.  1,
 secondo  comma,  e  2, terzo comma, legge n. 146/1990, 669-duodecies,
 septies ed octies c.p.c.  appare  rilevante  ai  fini  del  decidere,
 poiche'  solo  qualora  codesta  onorevole  Corte decidesse nel senso
 della illegittimita', il pretore potrebbe provvedere nel merito sulle
 istanze delle parti, senza necessita' di fissare altra udienza per la
 discussione orale da parte dei rispettivi procuratori.